20-4-2013 LA COOPERATORI ALLA LIEGI-BASTOGNE-LIEGI

LA STORIA DI UN’EPICA IMPRESA

liegiSiamo mortali, lo sappiamo. Eppure inseguiamo per tutta la vita, una frase, un gesto, un’azione che ci faccia ricordare, che lasci un passaggio tangibile della nostra presenza, attraverso gli altri, attraverso il ricordo di quello che siamo, siamo stati, che non lasci inutile questa nostra presenza fugace.

Planimetria-LiegiInseguiamo da sempre la felicità, un attimo, un sorriso, un momento, nello sguardo della persona che amiamo, sia essa quella che ci sta accanto per tutta la vita, sia essa un figlio, una figlia, e la gioia più grande, quella di diventare genitori. Il lasciare agli altri la traccia del nostro passaggio. Di alcune di queste gioie, non potrò purtroppo avere il sapore, ma quell’attimo, quel brivido lungo la schiena, quel qualcosa che gonfia e ti fa scoppiare il petto, io sabato l’ho provato, insieme ai miei amici, quell’ultimo chilometro, così atteso, così agognato.

Liegi: 275° chilometro, siamo li, dopo 13 lunghe ore ed anche qualcosa in più, insieme, una trasferta di quelle con la “T” maiuscola, abbiamo concluso l’ultima cote, quella che porta al traguardo dei “prof”, e passato il cartello che si complimenta con noi per aver concluso positivamente la nostra grande fatica. Ci manca ancora quell’ultimo chilometro. E mentre raccolgo le forze, penso a queste cose, a tutto il nostro percorso, la fatica, il dolore dei muscoli ed il bruciore, vi lascio immaginare dove, lancio il “capitano” di questa impresa, Stefano Ganassi, ed il grande Mario Peri, che ha corso dietro, nelle retrovie, per assistere tutti, e penso che anche noi un pezzo di storia l’abbiamo fatto, che siamo diventati immortali, e che lasceremo nel ricordo, nostro, ma anche di quelli che avranno la pazienza di leggere tutto il resoconto, il gesto di questa magnifica impresa.

Questo pezzo, questo racconto, lo dedico proprio a loro, Stefano e Mario, tanto folli da pensare di realizzare una spedizione così difficile, irta di mille difficoltà e forse di imprevisti, ma tanto grandi da coinvolgere tutti noi in questo viaggio verso l’epica. Dedicato a loro, perché lo meritano, dopo anni di sfide nel Nord dell’Europa, mai tanto sufficientemente  celebrate ed enfatizzate. Due uomini veri e non solo per le doti atletiche e di sacrificio, ma, soprattutto, per la capacità di ripetersi nel tempo e di continuare a sognare, con la capacità di fare sognare anche tutti noi.

Il nostro viaggio parte da molto lontano, da una fredda sera di dicembre, dove, in pizzeria a Bagnolo, si posero la basi per l’idea. Dodici temerari, chiamati a raccolta per organizzare la trasferta, e per raccogliere le quote di iscrizione. Il viaggio così partiva, e cena dopo cena, si cementava il gruppo, a tavola, importante particolare, e poi, successivamente, per strada, con lunghi “giri” il sabato, al Lago di Garda, piuttosto che sulle nostre montagne, non ultima la giornata del Passo Lagastrello, già ampiamente raccontata.

Ma arriviamo ai giorni nostri: mercoledì sera l’ultimo ritrovo. Ci riuniamo a casa di Stefano Ganassi, a Bagnolo, per caricare borse, le specialissime con ruote di scorta incluse, ed i viveri, perché si sa, noi Italiani mangiamo bene solo se ci portiamo “le cose da casa”. A parte gli scherzi, il pensiero era quello di essere in grado di organizzarci autonomamente anche l’approvvigionamento lungo il percorso della gara. Io metto a disposizione il mio camper per caricare eventuali bici, e parte delle cibarie, visto il capiente frigorifero. Ci lasciamo, quindi, con il pensiero del percorso da intraprendere il domani, per arrivare a Liegi, i miei amici in pizzeria, io nuovamente a casa per finire i preparativi.

Giovedì mattina la partenza, o meglio dire, giovedì notte, visto che ci troviamo, sempre a Bagnolo, alle 5. In tutto siamo in 13: Maurizio, sapiente guida, e responsabile, il giorno della gara, della “scorta tecnica”, 10 atleti, 2 purtroppo le defezioni, entrambe per motivi fisici, quella di Jaures Ferretti e di Giovanni Frigieri, e, per finire, 2 gentili presenze, quella di mia moglie Viviana, questa volta non in veste di ciclista, e quella della sua amica, collega di lavoro, nonché figlioccia, Elisa, 25 anni, una persona veramente carina, gentile, educata, una presenza che renderà anche più garbata questa spedizione di maschiacci rudi e duri.

Dopo aver caricato le ultime cose, partiamo in direzione Reggiolo. Qui entreremo in autostrada, direzione Brennero. Il viaggio procederà quindi, per l’Austria, poi successivamente, direzione Garmisch e, pertanto, l’attraversamento della Germania, via Stoccarda, per entrare definitivamente in Belgio, direzione Liegi, nel residence o bed & breakfast, come preferite, che ci ospiterà per i restanti 2 giorni, sino alla partenza di domenica. Il viaggio è decisamente lungo, non sicuramente facile, visto i 1100 km che ci aspettano, però procede tutto regolarmente. Un paio di soste per la colazione, appena passati in Austria, per il pranzo in Germania, che decisamente non consiglio, per la qualità delle pietanze e per i prezzi (un caffè espresso 2 euro e 29 centesimi, chissà dove lo compreranno, direttamente dal Brasile?) ed un paio per il pieno di gasolio.

Verso le 20.30 l’arrivo in Belgio, a Liegi, già si respira un’aria diversa, diversi sono i paesaggi, lo immaginavamo, le case, le colline, le ampie distese, ricordano i classici paesaggi del Nord Europa.

I più si sistemano nelle camere, mentre mia moglie, Elisa ed io, dopo aver ben parcheggiato il camper, ci organizziamo per i giorni successivi. Troviamo decisamente un’inaspettata gentilezza ed ospitalità, tant’è che sia noi con il camper, che il resto del gruppo che deve sistemare anche le proprie bici in camera, non trova alcun intralcio, né riottosità degli albergatori. Purtroppo, però, le stanze sono decisamente insufficienti così come i loro servizi, ma tanto ci si dovrà adattare soltanto per un paio di giorni. Una veloce cena nel ristorante vicino, Stefano Mercati sfodera il suo impeccabile inglese ed organizza la cena anche per la serata seguente, quella che anticiperà la gara. Due passi per la digestione e poi tutti a letto, visto che ci aspetterà un weekend di fuoco.

La mattina seguente appuntamento per tutti, o quasi, alle nove per rispolverare le specialissime in vista della gara e per la classica sgambata scalda-muscoli, necessaria dopo un viaggio così lungo, ma non digerita da tutti, vista anche la preoccupazione per il lungo chilometraggio del giorno dopo. Ed in effetti, propriamente di una sgambata non si tratta, quanto piuttosto di un peregrinare turistico verso e per il centro di Liegi, con qualche foto e la classica puntata nell’ufficio turismo per una mappa della città ed una delle ciclabili della zona, inutile visto che comunque l’intenzione è solo quella di pedalare insieme in allegria. La sorpresa comunque ce l’abbiamo: un paio di discese e relative salite al 13%, anche in pavé, aggiungo io, ci fanno ricordare e capire che il giorno dopo non sarà facile ed il perché ci aspetti un dislivello importante. Liegi, infatti, pare posta “in una buca”, come dirà Stefano Ganassi, al centro di colline che la circondano e che, comunque, fanno parte della città, costruita intorno al centro storico. Un po’ di storia recente ci viene agli occhi, quando vediamo le fonderie, e quelle case tristi e tetre, tutte eguali, dove i nostri emigranti vivevano circa un secolo fa, e dove erano arrivati per trovare un po’ di soldi ed una vita non sappiamo quanto migliore, per trovare lavoro, non solo nelle fonderie, ma nelle miniere di carbone.

Rientriamo alla base, carichi e felici, dopo circa una trentina di chilometri. Il clima, quello del gruppo intendo, è quello giusto, quello del luogo è tutto sommato come ce lo aspettavamo, niente di più, niente di meno, fresco ma senza pioggia, con un cielo grigio, sì, ma che pare reggere.

Una doccia veloce, e poi, tutti in centro, signore incluse, per la classica ed immancabile passeggiata per il centro cittadino, anche per dare occasione a Viviana ed Elisa, di rendersi conto di come sia la città, nei centri commerciali della zona c’erano state la mattina, e per organizzarsi il giorno dopo, non dimenticandosi che avrebbero poi dovuto aspettarci per tutta la giornata. Il pranzo in uno dei locali di una famosa catena internazionale di ristorazione a base di pizza, per stare tranquilli, ed un paio di orette trascorse a fare 4 chiacchiere del più e del meno, soprattutto di ciclismo, e non poteva essere altrimenti, cementano ancora di più il gruppo e ci fanno sentire sempre di più uniti. Qualche foto immancabile di gruppo con alle spalle qualche monumento e via, di nuovo sui furgoni per rientrare alla base, non prima di passare per il centro logistico della manifestazione, incrociato nel giro in bici la mattina, per ritirare un misero pacco gara, ma chi se ne importa, aggiungo io, visto che siamo qui per ben altro, quanto piuttosto per ritirare, ben più importante, il pettorale, dotato di chip per il cronometraggio delle 4 cote più importanti, la mappa  del percorso ed il cartoncino per i timbri di controllo lungo il percorso. E qui abbiamo una sorpresa: il percorso non sarà di 262 km, come in alcune passate edizioni dei “pro”, né di 271 km, come indicato nel modulo di iscrizione, bensì di 276 km, e visto che è sempre l’ultimo bicchiere “che dà la balla”, speriamo che questi 5 km in più non producano lo stesso effetto.

Un giro per gli stands del centro logistico, con qualche rigoroso acquisto, ed un’importante foto fatta davanti al cartellone della manifestazione, che qualcuno di noi avrebbe voluto portarsi via, e poi il rientro dopo aver fatto una puntata nel vicino Decathlon, per qualche altro acquisto.

Torniamo alla base per gli ultimi preparativi: raccogliamo le ordinazioni per i panini da preparare per la gara, che le nostre 2 gentili presenze femminili preparano con particolare dedizione ed amore.

La cena è ormai una diretta conseguenza, visto l’orario fattosi, i ragazzi nel ristorante prenotato la sera prima, io nel chiuso del mio camper, come faccio di solito, per cercare la necessaria serenità e concentrazione ad affrontare l’evento.

E’ sabato mattina, il grande giorno, appuntamento alle 6.15, per l’ennesima foto di rito, con mia moglie che subisce il freddo e scatta più di un’istantanea. Ormai tutto è pronto, e lo siamo anche noi, concentrati, sì ma felici e scherzosi, perché così deve e dovrà essere per tutta la giornata, perché non si affronta una fatica del genere se non si è sereni e ben disposti a sopportare la fatica con il sorriso e la consapevolezza che il gruppo sarà la nostra vera forza.

Partiamo per arrivare al punto di partenza, presso il centro logistico della manifestazione, a 3 km dalla nostra base, dove finalmente alle 6.45, inizia la nostra avventura.

La direzione è Bastogne, 108 km da percorre, e non saremo neppure alla metà della nostra fatica. La temperatura, quella che il meteo aveva anticipato: 5° inizialmente, poi a scendere sino ai 4,5°. Il freddo è quello ormai dimenticato del nostro inverno, appena lasciato alle spalle. Anche l’abbigliamento che abbiamo scelto ce lo ricorda, ed il gelo alle mani, che qualcuno continua a sbattere contro le cosce, ce lo ricorda inequivocabilmente. Partiamo compatti, in silenzio, nessuno pare abbia voglia di parlare, quasi il timore per la giornata da affrontare ci geli anche la lingua. Da subito capiamo che di pianura ne vedremo veramente poca. Non che l’altimetria, simile ad un elettrocardiogramma, sia equivocabile, ma forse non pensavo che si trattasse realmente di salite.

E così sarà, infatti, per tutto il percorso. Ma torniamo alla cronaca: dicevamo gruppo compatto, raggiungiamo il chilometro zero (13° dalla partenza) ed arriviamo alla prima salita. Qui ci allunghiamo ed un problema al cardiofrequenzimetro, appena comprato, che si sgancia facilmente, mi costringe a fermarmi e quasi a spogliarmi per rimetterlo a posto. Riparto di gran carriera, ed incontro Stefano Mercati, fermo per bisogni corporali. Mi fermo, rimetto a posto il cardio e ripartiamo in una rincorsa a tratti affannosa, perché tutta in salita, che ci presenterà il conto più avanti ed anche a fine giornata.

Poco più avanti ci aspetta Mario, sempre lui, ci mettiamo in fila e tiriamo a forte ritmo per raggiungere gli altri. Penso: “se sarà così tutta la giornata, mi sa che a casa non ci arriverò proprio”.

Arriviamo al primo punto di controllo, 48 chilometri dalla partenza e qui ci ricompattiamo. Marciamo, è vero, insieme a tanta altra gente, ma il vero gruppo è il nostro, ed è quello a cui fare riferimento. Il ritmo è sempre stato deciso, e la strada non ci ha mai concesso tregua.

La sorpresa è nel fatto che queste colline, non sono le nostre collinette, o i nostri dossi, ma sono delle vere e proprie salite, di qualche chilometro, con pendenze sempre severe, sempre intorno al 5/6%, poco forse se fossero sparute, tanto, se pensiamo e ci rendiamo conto che sarà così fino alla fine, fino a raggiungere le cotes, come le chiamano loro, colli e strappi con pendenze da far rabbrividire.

Intanto il tempo è ancora grigio, non una goccia d’acqua, ma la temperatura non tende a salire. Io mi guardo sempre intorno, Mario sempre al mio fianco, scambiamo qualche parola, ed apprezziamo il paesaggio così uguale, ma così diverso dal nostro; uguale perché siamo pur sempre in Europa, diverso perché la collina e la campagna si uniscono in un tutt’uno che ce ne fa percepire il profumo.

81 km: la prima cote, finalmente, cote de la Roche, si comincia. Io salgo con il mio passo e così faccio attardandomi ogni qualvolta si scende o la strada è più vallonata del solito. Decido di tenere questo passo, costi quel che costi, anche di arrivare da solo, perché non so quanto e come le forze potranno sorreggermi, sempre con al fianco il mio amico Mario, che non mi molla per un secondo. Il gruppo marcia bene, invece, compatto ben guidato da Mirco, ex dilettante di Suzzara, unitosi da qualche mese alla nostra squadra, e sacrificatosi al suo spirito, proprio perché lui capace di ben altre prestazioni. Luca, Silvano anche loro benissimo, uno di potenza, l’altro di agilità, sempre in testa, veramente due forze della natura. Emanuele, invece, non dice una parola, ma quando la strada si innalza e la pendenza fa male, è sempre davanti, scalatore puro com’é.

108 km: siamo a Bastogne, prima lunga sosta, ristoro completo, con anche alleggerimento del peso superfluo sul furgone, guidato sapientemente da Maurizio, il nostro accompagnatore.

Intanto il tempo si è fatto bello, la temperatura si è innalzata sino ai 14°, mai più oltre per tutto il resto della giornata, ma non mite a causa del forte e fastidioso vento del nord che ci seguirà per tutto il percorso. Dislivello sino a qui raggiunto, 1650 mt, non uno scherzo. Nel frattempo siamo arrivati nelle Ardenne, teatro dei conflitti più duri della seconda grande guerra, dove gli alleati e le forze naziste di occupazione, se le diedero di santa ragione. Carri armati e monumenti sono qui a ricordarcelo, ed il passare in questi posti, è decisamente affascinante, ci da una misura di come stiamo attraversando la storia, non solo quella del ciclismo.

Si riparte, ancora non siamo al giro di boa, e da subito una bella sorpresa: appena fuori da Bastogne, ci accoglie un vento gelido e forte,  che pare ci voglia spingere indietro. La direzione che stiamo prendendo è infatti verso Nord, ma verso l’interno, tutta un’altra gara e tutto un altro percorso. Ed il vento, si può dire, non ci abbandonerà più sino all’arrivo.

Mario l’aveva detto: “qui comincia il bello”. E così è, ci aspettano ben 11 cotes, e 170 km, quasi non avessimo ancora cominciato a pedalare.

Io mi stacco ripetutamente, faccio veramente fatica a seguire il passo del gruppo, che marcia bene compatto. Tutti nessuno escluso, rimangono agganciati, Andrea, Angelo, lo stesso Stefano Mercati, che teme le salite, sta davanti e pedala con sicurezza. Io spero sempre che succeda qualcosa, un miracolo che mi permetta di seguire con più vigore, con più forza.

Ci fermiamo con il furgone per una sosta salutare e vediamo passare dei gruppi, gente con la faccia stravolta. Di qua in poi, però, cambierà qualcosa anche per me.

Intanto, pur nella fatica, mi godo il paesaggio, il percorso, voglio carpire ogni attimo, ogni momento, voglio portare a casa con me ogni ricordo di questa giornata. Con me sempre Mario, che continua a non mollarmi.

Intanto arrivano le prime mitiche salite, quelle vere, secondo gli organizzatori. 127 km, la cote Saint Roch, e poi la cote de Wanne al 169 km. Di li in poi, sarà un susseguirsi di queste, una dietro l’altra sino al traguardo. Ma qui inizia la mia rimonta, forse per la stanchezza generale, o forse, perché ho condotto bene la mia fatica, ora sto nel gruppo e scollino sempre insieme agli altri, non importa se davanti o dietro, ma sono li, con loro. Ne affrontiamo una, non ricordo più quale, di 950 mt, con pendenza media del 11,5% ed una punta del 20%. Uno sforzo veramente pazzesco, ma ce la faccio, rimango con i primi.

Intanto siamo arrivati al 3° controllo: 173 km, ristoro e spogliarello senza alcun pudore per me e Stefano Mercati, che cambiamo la nostra salopette, senza curarci della gente che ci sta intorno, con tutte le nostre grazie al vento. Il profumo del traguardo che sentiamo più vicino, forse, ci fa perdere la testa.

Inanelliamo una cote dietro l’altra, ormai siamo alla sesta, 193 km, la cote du Rosier, una delle più famose, la prima ad essere cronometrata. Ora saliamo ognuno con il suo passo, Mirco sempre davanti: credo che, tolto quelle al 20%, le abbia pedalate tutte in piedi con il 53 davanti, un vero mostro.

Terminata ogni salita, ci ricompattiamo e ripartiamo, ed ogni volta, sembra quasi a farlo apposto il vento ci assale e ci sferza con le sue gelide frustate.

Superiamo il 200 km, e quando lo vedo sul mio Garmin, tiro un sospiro di sollievo, ormai siamo arrivati e questi ultimi 76 km, mi dico, me li bevo tutti. Mirco mi affianca e mi dice: “pensa Robbi che fatica fanno i prof in una gara come questa; solo dopo averla fatta, così come l’abbiamo fatta noi, ti rendi conto della fatica, e del sacrificio che fanno; che atleti, che uomini veri sono”.

232 km, ultimo controllo, il quarto timbro è quello che decreta il nostro successo, e salvo qualche assurdo imprevisto possiamo dire di aver messo “la Doyenne Classique”, come la chiamano qui, quasi in tasca.

Ci aspetta, però, un altro mostro sacro del ciclismo, la cote de la Redoute: qui si sono scritte le pagine più importanti e decisive di questa splendida gara.

La affrontiamo con il cuore in gola, si può dire che siamo qui solo per questo. 3 km circa con pendenza media del 8,5% ed una punta al 22%. Numeri da fare impressione. Non passiamo tra 2 ali di folla, ma è come la sentissimo. Intanto tanta gente, tanti camper sul percorso, attendono la gara vera, quella di domenica, quella dei “pro”. Noi sin qui ci siamo accontentati di qualche applauso e del saluto di quei bambini che ci stendevano la mano per darci un 5. Veramente splendido, un percorso magnifico, perfettamente segnato, anche se cicloturistico ed a traffico aperto, con attenzione ogni volta agli incroci ed ai semafori da rispettare. Un’ esperienza unica.

Arriviamo in cima alla Redoute, Mario aspettando Stefano Mercati, attardatosi non so per cosa, io con il capitano, Stefano Ganassi, stanco e debilitato da una stagione che non gli ha permesso di allenarsi bene per le troppe bronchiti.

Ci aspettano le ultime 2 terribili salite, ed un arrivo in città, tutt’altro che semplice.

Cotè de Saint Nicholas, l’ultima. Siamo al 267 km. Parto piano insieme a Ganassi ed a Mario Peri, che non l’ha abbandonato un attimo, in questa ultima, faticosa, parte di percorso. Poi, mi dico, vado, me la faccio tutta al massimo delle mie possibilità, sto bene e voglio provare l’emozione di salire, immaginandomi di essere Gilbert o Rodriguez o Nibali che lanciano l’ultimo attacco. Questo sarà, infatti, il trampolino di lancio per la vittoria finale di domani. L’emozione è unica. Mirco, Luca, Silvano ed Angelo, e lo scalatore “Purrito” Emanuele, sono già sopra. Via via arriviamo anche noi, Andrea, Stefano, Ganassi e Mario Peri.

Siamo in città, ci resta l’ultimo terribile tratto, un chilometro di salita, un drittone che non finisce mai, al 6/7/8%, dove il giorno dopo Purrito Rodriguez proverà l’attacco con il vincitore Martin a ruota.

E’ fatta. Superiamo il cartello dell’arrivo ufficiale, che ci saluta e si complimenta per il traguardo raggiunto. Altri 4 chilometri e siamo arrivati.

Ultimo chilometro: vi ho già scritto e raccontato tutto, delle emozioni e della felicità di questi ultimi 1000 metri. Mario mi fa i complimenti, ed anche Stefano Ganassi mi dice “Bravo Roberto”. Per me sentirlo dire da entrambi, è la vittoria più meritata. La felicità, lo dicevo all’inizio, ecco…..la felicità.

All’arrivo medaglie per tutti ed il bacio delle “Miss” come da tradizione. Uno gioia immensa pervade il gruppo. Vorrei abbracciare tutti, ma non si può, siamo uomini veri che non si abbandonano all’emozioni. Ce l’abbiamo fatta e ne siamo tanto fieri, quanto increduli. 276 km con 4285 metri di dislivello, numeri che si commentano da soli.

Arriviamo alla base, dopo aver percorso quegli ultimi 3 chilometri che separano la “nostra casa” dall’arrivo. Qui ci aspetta Maurizio, che dopo l’ultima sosta ci ha anticipato, e le nostre 2 gentili ragazze.

E’ festa vera. Mia moglie mi accoglie con un sorriso, che mi riempie il cuore di gioia. La felicità che torna, quell’attimo fugace. Mi prende il viso tra le mani e mi da uno, due, tre baci, non ci vediamo da un giorno intero. Dopo tutti questi anni, ha ancora voglia e pazienza di aspettarmi una giornata per queste follie. Questa è per me la felicità, l’amo da impazzire, darei la vita per lei.

Una doccia veloce, due chiacchiere giusto per spezzare l’incantesimo e poi tutti a cena, dentro il residence con il cibo portato da casa: lasagne preparate sapientemente da Mamma Carla (mia madre), cotolette e dolce preparato da Elisa, il tutto sapientemente cucinato dalle due nostre gentili donzelle. Tutto ovviamente annaffiato da buon Lambrusco a fiumi.

Stanchi, ma felici, dopo esserci raccontati ancora una volta le nostre impressioni, andiamo a letto, a riposare. Domani ci aspetta un lungo viaggio di ritorno, ma questa è un’altra storia…………………

Un’ultima cosa, i protagonisti di questa impresa: Stefano Ganassi, Stefano Mercati, Emanuele Caroli, Mario Peri, Roberto Camorani, tutti della Cooperatori, e poi, Mirco Bonaretti, Silvano Medici, Angelo Incerti, Luca Gianferrari, Andrea Silvestri. Un applauso a questa meravigliosa squadra di eroi!

 

Vi ho raccontato tutto! Spero vi sia piaciuto, e vi invito a scrivere il vostro di commento, così come ai miei compagni di viaggio, anche la loro impressione su questa splendida giornata.

 

Roberto Camorani

 

 

……………………………………………………………… Voglio fare una dedica particolare……………. voglio dedicare questa impresa a Giovanni.

Giovanni è mio cugino. Una grave e lunga malattia se l’è portato via a 43 anni. Lo ha stroncato nel fisico e nel cuore, ma non nell’animo, che è rimasto sempre vivo e combattivo fino all’ultimo momento. Se l’è portato via ad un’età in cui si comincia a capire cos’è la vita, a goderla appieno nei suoi aspetti grigio-chiari, quando si comincia a diventare uomini per davvero, quando l’adolescenza è ormai un ricordo e quando la gioventù piano piano si allontana e cominciano a comparire le prime rughe, se l’è portato via, lasciandomi un dolore, che non posso, non voglio, non riesco ad esprimere con le parole, e che il tempo, forse mi aiutare a capire.

Giovanni non ha avuto neanche il tempo di cominciare a vivere. E’ rimasto ragazzo, è rimasto quello che io ricordavo, quando lo allenavo ed aveva appena 20 vent’anni, quando condividevamo la comune passione per il calcio.

Giovanni è, è stato, e sarà il mio fratello minore, quello che non ho avuto e che avrebbe potuto essere se il destino non ci avesse diviso.

Giovanni era un ragazzo, perché così lo voglio ricordare, un ragazzo buono, intelligente, con un cuore così grande che non avrebbe potuto stare qua dentro. Persino quando giocava a pallone, da terzino marcatore, e mollava una stecca al suo avversario, e picchiava forte, gli porgeva la mano, lo aiutava ad alzarsi e gli chiedeva scusa. Io gli dicevo: lascia perdere, hai fatto bene, continua e non preoccuparti. Ma lui era fatto così.

Ricordo il suo sorriso, così bello, spontaneo, disincantato, così diverso da quello di tutti, diverso dal mio così sarcastico e duro, segnato dal tempo e dal passaggio delle stagioni, quel tempo che non ha saputo e potuto contagiare il suo. Quel suo modo di vedere le cose con quella gioia, che è tipica di chi vive le cose con la bontà e la pienezza che soli i puri sanno fare.

Giovanni era un ragazzo intelligente. Laureato, attento alle cose, ai particolari, amava la natura e ne sapeva cogliere in pieno la sua bellezza, quando andava nei boschi a cogliere sapientemente i funghi e si muoveva con la rapidità di un capriolo.

Giovanni ha avuto una sola fortuna: quella di capitare in una famiglia che gli ha voluto una mare di bene, che l’ha amato sopra ogni limite, e che gli ha dato sino all’ultimo momento tutto l’amore, la speranza per sconfiggere una malattia così dura, così cattiva.

Giovanni non ha avuto il tempo di viaggiare, di vedere il mondo, così come penso, credo avrebbe voluto. Ci ha diviso negli ultimi anni la passione per lo sport: lui, il calcio, tifoso del Milan com’era, io, il ciclismo, la passione per la bici, per il pedalare in libertà. Bene, sabato nel mio pedalare, l’ho portato con me, mio compagno di viaggio, dandogli modo di vedere con i miei occhi, con il mio cuore, quello che non ha potuto vedere.

Ciao Giova………

11 commenti
  1. Fiatogrosso
    Fiatogrosso dice:

    Pochi giorni fa un famoso personaggio di sport ha detto che non è solo importante partecipare, ma lasciare il segno. Per i campioni quelsegno è a disposizione di ;tutti: un goal, una vittoria, un record, per i “mortali” quel segno rimane dentro indelebile, indistruttibile, immenso. Ho atteso con ansia crescente il resoconto di questa avventura con la consapevolezza che avresti colto tutte le senzìsazioni vissute prima, durante e dopo la manifestazione. Questo è il ciclismo di noi, mi metto in mezzo immeritatamente, “mortali” fatto si sacrificio, fatica, ma anche di gioia e, come dici tu, FELICITA’.
    Complimenti a tutti; non provo invidia, bensì ammirazione che estendo a Viviana ed Elisa perchè un successo è anche merito da chi ci sta intorno e ci accompagna non solo stando sulla sella. Di Mario Peri ne avevo intuito la generosità e disponibilità forse non solo ciclistica, di tutti gli altri percepesco quella solidarietà e comunanza che forse pochi altri sport riescono a far emergere.
    L’unica nota stonata sono quelle ” grazie al vento”, proprio grazie, dicono in Belgio, non erano anzi….

  2. ciclista doppiopetto
    ciclista doppiopetto dice:

    Non posso che unirmi alle lodi del mio collega fiatogrosso.
    Qua siamo in presenza di imprese e uomini fuori dal comune, sia come temperamento rigore morale e sentimenti verso il prossimo.
    Siete un bell’ esempio per l’ ITALIA nel mondo, complimenti continuate a perseguire i vostri ideali esempio per tutti i cooperatori di nuova e vecchia generazione.
    Deva al fine rinnovare la mia ammirazione per il vate della cooperatori il nostro Roberto che si difende altrettando bene con la penna oltre che sui pedali , veramente senza parole emozionante !!!!!!!!!!!!!!

  3. Elisa
    Elisa dice:

    Io sono l’Elisa citata nell’articolo e volevo ringraziare tutti per i bellissimi giorni trascorsi,ma un GRAZIE SPECIALE va alla Viviana e a Roberto!!!!
    Primo per avermi ospitata e secondo per tutto quello che mi avete dato in quei 4gg insieme!
    Sono convinta che sareste stati dei genitori FANTASTICI!
    Vi voglio bene…

    La vostra piccolina

  4. "il capitano"
    "il capitano" dice:

    Ragazzi, non so’ se fare i complimenti a voi tutti per l’impresa fatta o solo a Roberto per come e’ riuscito a farmela vivere.
    Leggendo il pezzo, penso che chi non ha mai affrontato imprese del genere ne rimanga oltremodo affascinato, bravissimi…. un complimento che e’ ben poca cosa al confronto dell’ammirazione e l’emozione che sto provando leggendo questo racconto. In effetti avete risvegliato in me i ricordi di Marmotte e Oetztaler fatte negli anni passati, ma voi avete fatto di piu’, l’avete fatto insieme, in gruppo, e questo è il valore aggiunto e non nego che leggendo mi sia sembrato in qualche momento di essere lì con voi a combattere il vento ed il freddo, cotè dopo cotè incitandoci a vicenda, fermandoci ad aiutare o ad aspettare chi non tiene il passo, cercando di tenere duro per un’impresa comune.
    Da pelle d’oca… lo so’ che chi non ha provato cose del genere forse non riesce a capire, queste sono emozioni che soltanto chi pratica con passione sport così duri puo’ provare e lasciano ricordi indelebili e non solo ricordi, ma legami che vi accompagneranno per sempre e che racconterete e condividerete sempre con l’entusiasmo e la passione che vi contraddistingue. Un plauso infine alle accompagnatrici ed al fido scudiero/assistenza, una buona parte di merito e’ anche loro.
    Orgoglio e Fratellanza, questi sono i sentimenti che mi avete fatto provare e che ora mi riempiono il petto.
    Grazie amici !!!!!

  5. Apollonio
    Apollonio dice:

    Una descrizione fantastica di quella che è stata, da un punto di vista umano, una bellissima esperienza che spero possa essere ripetuta in futuro con lo stesso entusiasmo. La possibilità che possano prenderne parte anche altri “pazzoidi”, permette che il gruppo possa sempre più ingrandirsi e che si possano condividere sempre più profondamente certe indescrivibili emozioni ciclistiche. I due “pazzoidi”che hanno dato il via a questo genere di imprese, non hanno mai esternato troppo il loro entusiasmo in merito..ma il gruppo si è ingrossato e quest’anno hanno potuto assaporare concretamente certe emozioni anche tanti altri..speriamo che possano essere trasmesse nel modo corretto per poter interpretare questo tipo di trasferte con lo stesso spirito che ha accumunato il nostro gruppo quest’anno.Un grazie di cuore per la bellissima ed efficace descrizione, un rigraziamento particolare a tutti i partecipanti. Un ciao a presto, Apollonio.

  6. fabrizio merli
    fabrizio merli dice:

    Commosso ed onorato dalla vostra amicizia, vi abbraccio calorosamente pregando il buon Dio che vi mantenga sempre così giovani e belli nello spirito.

  7. Roberto
    Roberto dice:

    Ciao, che dirvi se non bravi, bravi bravi, io l’anno scorso sono riuscito a fare solo il percorso breve, ma la Redoute, il S. Nicholas e l’ultimo ed infinito km sono ancora stampati bene nel cuore.
    Ciao a tutti
    Roberto

  8. tino
    tino dice:

    Vivissimi complimenti!Grazie a Tutti accompanatori e ciclisti che hanno portato con onore e gloria lo spirito della Cooperatori nelle strade del nord Europa dove il ciclismo la fa da padrone.Questo è lo sport che tutti dovrebbero vivere per sentirne il sapore e per poter giudicare con umiltà lo scopo della nostra gloriosa società.
    Grazie Roberto per saper amalgamare così bene lo sport con l’umana e purtoppo,a volte spesso,triste vita quotidiana.Di nuovo grazie Tino.

  9. Stefano M.
    Stefano M. dice:

    Prima di partire avevo detto con amici: “O rientro con la bici segata in due perché è stato troppo, o ci prendo gusto, e allora…” Una bella “tirata” tra viaggio andata e ritorno in furgone, micro-hotel e manifestazione, ma è stata davvero un ESPERIENZA FANTASTICA, sia sportiva che umana. Sportiva, perché mi ha dato la possibilità di fare una cosa eccezionale che fino ad ora avevo visto qualche volta per TV fatta dai pro, e mai capita davvero, e dire “l’ho fatta anch’io”, e tutto un altro mondo, e per quanto sia stata “lunga”, e stata davvero un esperienza notevole, che amplia di molto la comprensione di tanti aspetti, alcuni già conosciuti ed altri per niente, di questa splendida passione… Da ripetere sicuramente, e magari con un gruppo più cospicuo della Cooperatori, perché sarebbe davvero una bellissima iniziativa!!!
    Umana, perché son stati 4 giorni splendidi, in cui ho avuto la possibilità di conoscere meglio tutti, sia persone di cui non avevo opinione ed è diventata bella, sia altri di cui già pensavo bene, ma che sono andati ben oltre, soprattutto durante la lunga giornata di sabato, che ha messo a dura prova non solo il fisico, ma in certi momenti anche tanto lo spirito, ma, grazie a queste persone, direi proprio AMICI, ne è uscito ALLA GRANDE!!! Davvero una bellissima “Combricola”, in cui non vanno dimenticate la bella presenza di Viviana ed Elisa che hanno dato anche loro un bel contributo al “gruppo”, e di Maurizio, che oltre ad essere un gran personaggio, è stato davvero prezioso per tutti noi, soprattutto in certi momenti quando ai più appariva come un miraggio, ma invece era lui x davvero ;)!!!
    A questo punto, questa va nell’album dei Ricordi, con la R maiuscola, avanti con i programmi in corso e poi, chissà per il 2014, magari un’altra bella sfida, e con una bella partecipazione “massiccia” dell Cooperatori, in un’altra bella avventura da poter raccontare con tutta l’enfasi di questa Liegi 2013… Notevole ragazzi, davvero NOTEVOLE!!!… Grazie a tutti i compagni e AMICI di viaggio… Stefano

  10. Il Profeta
    Il Profeta dice:

    Mentre leggevo dei vostri 4 giorni, ero costretto a fermarmi a pensare, a immaginare quello che avete vissuto, scoperto, sofferto nella vostra avventura, perchè di questo si è trattato. Il ciclismo è sport meraviglioso che permette di assaporare sensazioni uniche; nessun’altro riesce a dare tanto, ma il tributo che pretende è carissimo…fatica, sudore, sacrifici…crudele ma meraviglioso!
    Tutti voi che avete partecipato a questa splendida trasferta meritate complimenti ed ammirazione, da chi ha pedalato, a chi ha guidato l’ammiraglia, a chi ha aspettato il ritorno dei gladiatori. E grazie per le emozioni che con il vostro racconto mi avete fatto vivere, ma grazie sopratutto perchè sono orgoglioso di indossare la stessa maglia che avete portato sulle strade del Mito.

  11. gregario79
    gregario79 dice:

    Complimenti a tutti. Il tuo racconto è stato un vero mix di emozioni…mi sembrava di essere lì con voi…Arrivo da due operazioni in 12 mesi: rotula destra prima e tibia sinistra dopo…ho pensato anche di lasciar perdere tutto,perchè la fatica e i dolori non mi permettono di pedalare proprio come prima,ma il tuo racconto e la passione per questo splendido sport mi spingeranno sicuramente a cercare di recuperare al meglio…Da granfondista ho sempre avuto il sogno de ‘la classica del Nord’ da portarmi dentro e mi riconosco in tutti quanti voi perchè,se la farò, sarà davvero simile alla vostra esperienza.
    lo sport migliora l’uomo e la vostra impresa da veri uomini ha migliorato senz’altro questa disciplina,perchè fatta in questo modo può fare soltanto bene.
    Ancora i miei complimenti.
    Ciao.

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