MARATONA DLES DOLOMITES – 10/07/2011 – il racconto di un’avventura
Maratona dles dolomites, una maratona lunga un anno, un anno per chi la organizza, per chi deve mettere a punto un meccanismo quasi perfetto per un evento che accoglierà né più che meno 20.000 persone tra ciclisti, accompagnatori ed addetti ai lavori, ma un anno anche per chi l’aspetta, per chi già a novembre deve fare la preiscrizione e deve attendere di essere baciato dalla fortuna per poterne fare parte. Un evento divenuto famoso negli anni non per essere la gran fondo più antica, quest’anno si celebrava il 25° anniversario, non per essere la più difficile, la più dura, ma per i luoghi nei quali si svolge, per lo scenario di incomparabile bellezza che la ospita, i monti pallidi, le Dolomiti, patrimonio dell’UNESCO.
Con questo spirito e con la gioia di poter prendere parte a questa festa dello sport, che è “il più bello del mondo”, così come diceva Gino Bartali, mi sono avvicinato a questa ennesima impresa, questa ennesima fatica, insieme ai miei compagni di squadra Marco Giaroli, Marzio Zecchini, Bruno Spadoni, Claudio Vaccari e Christian Venturelli.
Proverò a raccontarvi le sensazioni e le emozioni, i profumi che si respirano e che palpitano quando percorri i 138 km della gara, della gioia di essere parte di un serpentone infinito che fino a qualche anno fa guardavo la mattina nella diretta televisiva, senza capire il perché tanta gente affrontasse la levataccia ed il freddo delle mattine altoatesine solo per pedalare su una bicicletta, così pensavo, ora non più.
Domenica 10 ore 6: siamo già in griglia, un freddo che non ti aspetti, 12 gradi sono davvero pochi per chi fino a due giorni prima era abituato ai 35° cittadini. Non lo senti o meglio fai finta di non sentirlo, sarà perché la discesa da Corvara per arrivare alla partenza alle prime luci dell’alba ha già rotto l’incantesimo.
Ti guardi intorno e vedi solo gente, ascolti parlare dialetti e lingue che nemmeno lontanamente capisci. E’ il fascino della maratona, 10.000 iscritti provenienti da tutte le parti d’Italia e del mondo. Non conosci nessuno, ma è come li conoscessi tutti, perché ci unisce un’unica passione. I miei compagni di squadra non sono con me, sono nella griglia dietro, ma posso scommettere che oggi li vedrò tutti.
6.30: si parte, non subito ovviamente, dopo i primi arriverà il momento anche per noi di agganciare i pedali ed andare. Si sale subito da La Villa a Corvara. La strada sale leggermente e ci prepara per affrontare la prima asperità della giornata: il Passo Campolongo. Il percorso lo conosco bene, l’ho imparato a memoria guardandolo giorno dopo giorno, studiando ogni salita, ma non mi fa paura, in fin dei conti “sono solo 138 km”.
E’ uno spettacolo far parte del serpentone, salgo deciso passando gente ed essendo passato a mia volta. Quando scollino ho già rotto il fiato, non ho affrontato il “Campolongo” di forza, ma sicuramente mi è sembrato più duro di quanto me lo aspettassi. Una breve ma veloce discesa, ed eccomi ad Arabba, alle pendici di quello che può a ben ragione definirsi “una fetta di storia del nostro ciclismo”: il Passo Pordoi. La salita che ci ha regalato i momenti più magici di uno dei più grandi ciclisti di tutti i tempi, Fausto Coppi “il Campionissimo”, che qui ha scritto pagine memorabili e leggendarie della sua storia. Una cima che nel passato suscitava terrore ed ammirazione al tempo stesso, ora non più, superato in celebrità dal Mortirolo e dallo Zoncolan. Oggi, comunque, mi sento parte anch’io di questa storia, e lo scalare questa salita mi da un’emozione tutta particolare.
Ed ecco la prima sorpresa di giornata: neanche ho iniziato, che mi raggiunge e passa il mitico “Zecco”, il nostro “Profeta”. Mi urla “grande Robbi”, gli rispondo “grande Marzio, stai andando fortissimo”, e lui con la solita modestia mi risponde “macché, va malissimo”; chiuderà in poco più di 6 ore.
Salgo tre tornanti deciso, immerso in un fiume di gente, quando mi sento tirare per le tasche della maglietta: mi ha raggiunto “il capitano”, Marco Giaroli per intenderci, mi rincuora, mi chiede come sto e mi dice che oggi non ha voglia di faticare; per fortuna, penso io, mi ha già raggiunto! Mi accompagna per un paio di tornanti, mi dice che farà un gara tranquilla e naturalmente, non potendo fare diversamente, mi saluta e se ne va deciso: anche lui chiuderà poco distante da Marzio. Arrivo in cima, la seconda fatica é andata, un attimo per gurdarsi intorno e per capire dove sei, lo spettacolo che ci donano le montagne ed il sole già alto é unico, chissa come mai, ormai da anni, la Maratona si corre sempre in una giornata di tempo splendido: questi hanno fatto un patto con il diavolo. La discesa per il Passo Sella é veloce, fredda, apro e chiudo la mantellina, un rituale ormai, e pure la salita non é semplice, forse più per il freddo, visto che é quasi tutta all’ombra, forse per la stanchezza che comincia a farsi sentire. Arrivo in cima, penso “anche questa é andata”, ed il susseguirsi di discesa e salite mi dicono che forse il “Sella Ronda”, non é poi così semplice come qualcuno sostiene. Anche il Passo Gardena, che affronto come 4a salita, pendenze ben lontane dall’essere temibili, in questa successione diventa dura. Le emozioni continuano a susseguirsi, mi sembra di essere immerso in un sogno: sono combattuto dal “fare il tempo”, il mio obiettivo é di chiudere questa prima parte in 3 ore, e di arrivare al traguardo finale in 7 ore e 30, oppure dal fermarmi, salendo piano, per gustarmi questo spettacolo unico: chi ama la montagna come me può capire. Scendo dal “Gardena”, una discesa di 10 km tecnica, che già due giorni prima avevo provato sia salendo che scendendo, al termine della quale mi aspetta mia moglie con una borraccia fresca. L’emozione di vederla per la prima volta durante una granfondo, e non solo alla fine, per un rifornimento volante, come nelle gare dei professionisti, é unica, anche se sono stanco e non sto benissimo. Mi rincuora, mi dice che sto andando forte; effettivamente il tempo di 3 ore con il quale ho chiuso il “Sella Ronda”, vale a dire il percorso corto, mi avrebbe permesso di arrivare addirittura 185° assoluto sui mille e più che l’hanno concluso. Riparto, ma non sto bene: affronto il secondo Passo Campolongo, con un disturbo che mi costringerà più avanti a perdere circa una trentina di minuti. Un vero peccato. Ora é già mattina, e sono tutti li ad assistere al passaggio dei propri beniamini: si pedala tra 2 ali di folla, come in una corsa professionistica. Peccato, non riesco a gustarmi questo momento, penso solo al mio fastidioso problema ed ogni pedalata é un conto alla rovescia per l’arrivo al valico. Ci sono, la 5a salita, il quinto passo é andato. Risolvo il mio problema fisico (ecco i 30 minuti persi) e riparto, veloce, verso il mio destino, non il Passo Falzarego, che concluderebbe la mia fatica, ma verso il temibile Passo Giau, 10 km al 8% circa di pendenza media, un vero “mostro”, da come ne ho sempre sentito parlare. Nel frattempo mi ha già raggiunto e superato anche Spadoni, lungo il Sella, mi chiede “Marzio e Marco li hai già visti?”, gli rispondo che mi hanno passato da un po’, un saluto veloce e via, anche lui se ne andato. Arrivo ai piedi del Giau in 4 ore e 45, un buon tempo. Comincio la scalata, passo regolare e 34×30 fisso. Devo dire che é faticosa ed impegnativa come mi aspettavo. Il caldo si fa sentire, ben 32°, le pendenze sono impegnative, soprattutto considerando che siamo ormai alla 7a salita, non dimentichiamo lo strappo di Colle S.Lucia, e che la stanchezza accumulata fa sentire le gambe di legno. Ciò nonostante arrivo in vetta dopo 6 ore e 5, un bel tempo se le mie fatiche fossero terminate e dovessi solo scendere a Corvara, ma c’é l’ultimo impegno che mi aspetta, il Falzarego appunto, con il Valparola a seguire. Sulla carta la salita meno impegnativa, da superare in una bevuta, ma ormai sono al limite e su questa salita, gran parte sotto il sole, mi gioco il mio obiettivo iniziale, quello di stare nelle 7 ore e 30. Quando arrivo in cima al Giau ed al Falzarego, mi guardo intorno, e lo scenario é davvero magnifico: lo spettacolo delle Dolomiti é unico, verrebbe voglia di fermarsi li per un’ora per guardare le montagne toccare il cielo. Il Valparola, uno strappo di 1,5 km da fare tutto d’un fiato, raccolgo le ultime forze, mi ha già passato anche Venturelli, ormai sono l’ultimo dei Cooperatori-Scott sul percorso. Vaccari non l’ho neanche visto, chissa quando mi ha passato. Anche per lui un’ottima prestazione: 5 ore per percorrere i 106 km del medio. Scollino felice, certo di aver fatto la mia ennesima impresa, e mi lancio verso il traguardo e l’ultima “erta” da La Villa a Corvara, la stessa strada percorsa all’inizio. Sono passate 8 ore e 15 da quando ho cominciato la mia avventura e taglio il traguardo, stremato ma felice. Mia moglie mi aspetta commossa, anche per lei far parte di tutto ciò é stata un’esperienza unica. E qui trovo l’ultima parte della festa; il pasta party é un’apoteosi di gente, sembra un’enorme festa di paese, un caos programmato di gente, biciclette, accompagnatori. Saluto Bruno e mi complimento con lui per l’ottimo risultato. Mi siedo sul prato, mentre mia moglie coraggiosamente si lancia nella bolgia per recuperare i pasti. Passano Marco e Marzio, insieme, un urlo per attirare la loro attenzione. Mi raggiungono riposati e rilassati come se non avessero neanche corso, come se fossero li solo per una visita di piacere. Sono grandi, chissa se riuscirò mai un giorno ad avere un po’ della loro forza e della loro determinazione. Mi prendo i loro complimenti, ormai anch’io faccio parte della storia della Maratona, una storia lunga 25 anni, e della Cooperatori. In 3 anni che sono con loro, ne ho fatta di strada, in tutti i sensi……………………
Beh, devo dire che le tue parole non sono cronaca ma emozioni, e le emozioni che riesci a trasmettere quando scrivi permettono di rivivere quelle di quei giorni. Tu sei definitivamente entrato nel tunnel…e le tua metà, dopo la prima esperienza, cosa ne pensa?
Grande Profeta. Sono rientrato dalle ferie domenica sera e solo ora leggo il tuo commento. Devo dire che mi sento lusingato per i complimenti. Forse se pedalassi come scrivo………. Scherzo, naturalmente; bisogna sempre essere modesti e lasciare agli altri i giudizi. Non so se anche mia moglie sia entrata nel tunnel………come lo sono io, però la sua prima esperienza é stata soddisfacente e per lei esaltante. Credo che la vedrete, se non nel prossimo futuro, per il prossimo anno disputare qualche altra gara……..Evviva, un’altra ciclista nella famiglia Cooperatori!