UNA GIORNATA DA RICORDARE
PASSO LAGASTRELLO 16/3/2013
Per fare un’impresa bisogna avere un pizzico di follia, per correre in bici, per affrontare lunghe discese a tutta velocità, guidando una leggera specialissima, GUARDA LE FOTO come si fosse su una monorotaia, bisogna avere un pizzico di follia, per fare quello che abbiamo fatto noi sabato, ci vuole un pizzico di follia, ma se vuoi fare qualcosa che ti resti impresso nei ricordi e di cui poter raccontare e parlare con i tuoi amici, amplificandone anche il significato e le impressioni, non puoi riflettere tanto e devi agire.Sabato mattina ci troviamo alle 9.00 presso la sede, ci troviamo in una decina circa, al comando Mario Peri, ingegnere ed architetto del percorso che affronteremo oggi, al seguito un gruppo di valorosi, gli stessi che fra poco più di un mese si recheranno in Belgio, a Liegi, per disputare una
delle classiche del Nord, la Liegi-Bastogne-Liegi. La giornata è fredda ma soleggiata. Ci dirigiamo di gran carriera verso la prima meta del nostro percorso, Orologia, presso la sede di un concessionario di moto, dove ci troviamo con il resto della truppa. Si forma, così un gruppo consistente, di circa una 30 di unità, tra questi altri compagni della trasferta di Liegi. Partiamo subito, anche perché il tempo passa e le ore di luce a disposizione non sono poi così tante e la strada da percorre è lunga e si può dire che non siamo neppure all’inizio. Destinazione Ramiseto. Procediamo, quindi, verso San Polo, poi Ciano, infine Vetto. L’aria si è fatta più calda, ed ho potuto, quindi, togliere almeno uno degli strati,vestito com’ero a cipolla, che avevo addosso. La strada piano piano, sale; mi metto davanti a tirare per dare il cambio a Mario, che ci aveva condotto sino a Montecavolo, ed ai passistoni che prediligono la pianura alla salita. Il gruppo marcia compatto, ma, quando inizia l’ultimo tratto di salita per Vetto, il mio passo, pur se non al massimo, è tale da rendere difficile la marcia di qualcuno che si stacca, ed il gruppo si spezza in 3, 4 tronconi. Nulla di grave, complice una breve sosta per bisogni corporali, rallentiamo e ci ricompattiamo presso la fontana di Vetto. Una breve sosta per riempire
le borracce, e via, si riparte, ora senza più soste ed interruzioni per raggiungere il primo obiettivo, Ramiseto, appunto. Lungo la strada perdiamo qualche pezzo, non tutti, infatti, sono dell’avviso
di raggiungere la ridente località montana dell’Appennino reggiano, campo base ed ultima frontiera per diverse località e passi ai confini della nostra regione con quella Toscana e Ligure. Via, via che si sale, la salita si fa sempre più dura, con pendenze che per la stagione, ancora acerba, sono
decisamente importanti. Non si scende mai sotto il 6-7%, con punte del 10%. E’ la prima volta in assoluto, che affronto la salita a Ramiseto da questo versante, ma sarà la bella giornata, sarà il clima, al momento decisamente primaverile, che non sento assolutamente la fatica. Mario ed io marciamo quasi appaiati, lui, sicuramente, con un passo più sicuro ed agile, tant’è che mi precede sempre di un metro. Il gruppo, intanto, si è sgranato, ognuno sale con il proprio passo, anche perché visto le pendenze, non si potrebbe fare che diversamente. Oltretutto, occorre ricordarlo, è da Reggio che si sale, quasi costantemente, senza tregua. Finalmente raggiungiamo la prima meta. Sono le 12 circa, 3 ore, soste incluse, per arrivare a Ramiseto. Ci ricompattiamo, un paio di chiacchiere in compagnia, tanto per fraternizzare ancora e qui, decidiamo sul da farsi. Mario ed io siamo determinati, non siamo arrivati sin qui per caso, e non abbiamo fatto tanta strada per lasciare un’impresa a metà. Siamo partiti da Reggio con l’intento di arrivare sino al Passo di Lagastrello, la giornata, metereologicamente parlando, è quella giusta, e poi mancano soltanto 40 giorni alla nostra epica gara. Già da giovedì, quando ci eravamo sentiti per telefono, l’idea era quella di arrivare lassù, in cima. Niente di particolare se fossimo a giugno, a luglio, ma siamo a marzo, il calendario dice che sia ancora inverno, ed il sapore dell’impresa ci spinge ad andare. Ci guardiamo intorno, decidiamo di proseguire in 6, ma tanto ci basta. Partiamo con la consapevolezza che nulla ora ci può più fermare. Sei temerari, perché oltre a me ed a Mario, determinati sin da Reggio a raggiungere l’agognata meta, sono Stefano e Silvano, novelli Cooperatori, Angelo e Luca, che nelle foto vedrete con la divisa della Caam. La meta definitiva, sin dai giorni scorsi, determinatasi nei discorsi tra me e Mario, è nientemeno che il Passo Lagastrello. Addirittura, aggiungo, l’idea iniziale sarebbe stata quella di ripercorrere, almeno in parte, il percorso dell’Open Road 2013. Il tempo a disposizione, ma anche, e, soprattutto, l’ambiente trovato in cima non ce l’avrebbero permesso. Ma torniamo a noi: marciamo ora in gruppo, sicuri, con l’intento di proseguire tutti insieme. Il sole è ancora alto e splende in un cielo azzurro, che così non lo vedevamo da tempo. La temperatura, quella però, comincia a scendere. Dai 14° di Ramiseto, lasciati alle spalle, mano a mano che si sale, si passa ai 12°, poi ai 10°, fino a scendere ancora: non salirà più di così per tutto il resto della giornata. Intanto la neve comincia a farsi sempre più presente e costante nei paesaggi che attraversiamo e ci accoglie copiosa, chilometro dopo chilometro, portandosi appresso il freddo ed il gelo di quest’inverno che non vuole finire. Provo a togliere i guanti pesanti, perché sento finalmente le mani calde, ma la fine del primo pezzo di salita, con l’inizio della relativa discesa, mi induce a chiudermi l’antivento ed a rimettermi quei guanti che non potrò più togliere fino a Reggio. Si torna a salire, prima Cecciola, poi
Miscoso, in un continuo mangia e bevi, che fa salire sul Garmin il dislivello raggiunto. Arriviamo agli ultimi 7 km: il gruppo si sgrana sul peso della fatica. Mario rallenta ed aspetta Stefano e Silvano, che salgono in coppia agilmente, ma rallentati dalla fatica che si fa sentire. Io proseguo con Angelo e Luca. Non saliamo forte, ma regolari, tant’è che accompagniamo il nostro dolce pedalare, con 4 chiacchiere. La strada, sorprendentemente pulita, accompagna le nostre ruote che scorrono con qualche saltello, per un asfalto divenuto irregolare e martoriato dall’incuria del meteo. Ormai ci siamo, arriviamo al lungo ponte sul lago artificiale, che c’è ma non si vede. Ci fermiamo ed aspettiamo l’arrivo degli altri 3 compagni, che ci raggiungono dopo pochi minuti. Siamo al bivio per Parma o per il Passo. Ovviamente svoltiamo a sinistra, una manciata di metri e siamo arrivati. Finalmente, ce l’abbiamo fatta, la gioia è immensa, e ci pervade già da quando abbiamo cominciato ad affrontare l’ultimo tratto di salita. Superiamo il bar per arrivare al cartello. Passo Lagastrello, 1200 metri di altitudine. E’ il 16 marzo dell’anno 2013. Mi verrebbe voglia di lasciare una targa. Pensare di essere arrivato qui, ora, ancora nel cuore dell’inverno, perché qui è ancora inverno, ha il sapore dell’impresa, come se avessimo scalato lo Stelvio in piena estate. Il paesaggio è incredibile. Non bastano le parole per descrivere le sensazioni che abbiamo provato e per il colpo d’occhio di quelle montagne innevate. Scattiamo un po’ di foto per immortalare il momento. La strada per Comano è chiusa, non so dire quanta neve ci sia, ma le immagini sono impressionanti. Le foto stesse, che qui allegherò, stanno a mostrare e dimostrare quello che abbiamo visto e che abbiamo provato.
Mentre salivamo la temperatura era di 2,5°. Ora è scesa a 1,5°. Il sole ci ha abbandonato già da un po’. Ci rifugiamo e ci rifocilliamo nel vicino bar. Due chiacchiere con 2 persone del posto e con la barista, non so fino a che punto stupiti di vederci li. Un quarto d’ora è passato, non ci siamo nemmeno riposati, ma ci siamo decisamente scaldati. Una foratura ad uno dei ragazzi della Caam, ritarda la partenza. Via si riparte. La discesa ci gela il sangue ed i muscoli, non per la paura, ma per il freddo. Arriviamo piano piano al primo tratto di falsopiano al sole per scaldarci e per attendere ancora i 2 ragazzi della Caam che hanno avuto l’ennesimo guaio meccanico, con Mario che si è fermato, anzi, è tornato da loro per aiutarli. Io, Stefano e Silvano, non ci siamo accorti di nulla. Il freddo era tale che non riuscivamo neppure a girarci. Ora proseguiamo insieme, diritti verso la tappa Ramiseto, stanchi, ma sicuramente felici, nonostante, e ce lo ricordavamo, non ci aspettasse solo
discesa. A Ramiseto ci fermiamo un attimo, il tempo di riempire le borracce e per fare qualche telefonata a casa. Poi il resto è storia: Castelnovo Monti, Felina, Casina, Il Bocco, Vezzano. A raccontarlo così, sembra una bevuta. Invece la fatica ci fa rallentare per aspettare chi, a turno, si attarda stanco. Mario no, lui procede sicuro davanti, così anche Silvano, che, con il suo pedalare in agilità, non sembra affatto stanco. Rivalta, ci siamo dati il cambio sino a qui per alternare la fatica ed il peso di tirare il gruppo. Ormai siamo a Reggio, abbiamo smesso di tirare: sono le 18 e siamo arrivati. Chiacchierando del più e del meno, ma, soprattutto, della bella giornata trascorsa, e del bel “giro” fatto, arriviamo in centro città. Ci dividiamo, cioè, io lascio i miei 5 amici per dirigermi verso casa. Gli altri, invece, verso il centro per fare una vasca. Li saluto con cuore. Forse avrei potuto anch’io accompagnarli, ma sinceramente, ho voglia di andare a casa, di raccontare a mia moglie, a mio padre, ex cicloamatore che mi avviato verso la passione per questo sport, di questa splendida ed epica giornata. 174 km, 2550 mt di dislivello i numeri ed una media dei 24 km/orari, che, per la stagione attuale, non sono certo un’andatura cicloturistica. Penso a Mario che dovrà andare sino a Novellara (farà complessivamente più di 200 km). Che giornata ragazzi!!!…….. Per fare un’impresa bisogna avere un pizzico di follia, per correre in bici, bisogna avere un pizzico di follia, per fare quello che abbiamo fatto noi oggi, ci vuole un pizzico di follia, ma se vuoi fare qualcosa che ti resti impresso nei ricordi………….
Roberto Camorani
Storia di Ordinaria Follia !
In una società di globale standardizzazione, ciò che esula dagli stereotipi della vita deve essere salutata come nuova linfa vitale. E qui termino con il tentativo di elucubrazione mentale.
Complimenti a tutti i partecipanti: quando la metto in calendario, se mai ce la metterò, ci devono essere almeno 22°C, poi mi necessita un buon pasto a base di tortelli. Però l’impresa di leggere tutto il resoconto l’ho fatta anch’io ! Alla prossima.
Ringrazio per i complimenti, e li riporterò al resto della truppa, come stimolo per ulteriori imprese (sabato, probabile giro del Lago di Garda, con partenza da Mantova). Speriamo che il resoconto, lungo e circostanziato, ti abbia messo voglia di venire con noi. C’é posto per tutti. D’altra parte, tante erano le cose da dire che non ci sarebbe stato spazio su tutto il sito. Ma sono così: mi piace romanzare le mie avventure e dare libero sfogo alle sensazioni che questo splendido sport ci rende……..Attendo ulteriori commenti! A presto!
Siete stati molto bravi.Vi invidio.Ciaciao
Impresa a dir poco ” epica e romantica “, con il sapore di altri tempi.
!!!!! MITICI !!!!!
In quelle condizioni è stata una cosa folle…bisognerebbe vietare l’accesso al sito ai minori di 18 anni…la loro psiche in formazione potrebbe essere gravemente compromessa!
Comunque…STOICI!
Il racconto è un bel modo di esprimere e lasciar traccia delle emozioni, è un po’ come un album di fotografie, che si fa fatica a fare, ma che, quando lo si va a rivedere, oltre a ricordare la fatica, l’impegno e sacrifici di questa SANA passione, regala anche un estremo piacere e soddisfazione, perché in quelle immagini e parole ci si ricorda di tutte le emozioni vissute, del BELLO di questo SPORT, e magari rimpiangi anche di non averne fatte di più.
Bravo Robby!!!.